Questo non è un post di lancio. Non è un annuncio. Non è nemmeno un tutorial.
È un aggiornamento dal blocco note, di quelli che servono più a fare ordine che a mostrare risultati.
Quando "funziona tutto" ma non davvero
Negli ultimi mesi il mio sito è cresciuto come crescono spesso i progetti personali: per stratificazione. Una feature qui, una modifica là, una soluzione temporanea che diventa permanente. Tutto funzionava, almeno in apparenza. I contenuti c'erano. Le pagine caricavano. Analytics attivo. Sitemap presente.
Eppure Google continuava a guardarmi storto.
Dal punto di vista tecnico, il sito non aveva problemi evidenti. Status code corretti, pagine raggiungibili, meta tag presenti, sitemap letta correttamente da Search Console, Analytics funzionante (Umami, semplice e pulito). Eppure la maggior parte delle pagine risultava come "Crawled – currently not indexed". Indicizzabili, ma non indicizzate. Viste, ma ignorate.
All'inizio ho fatto quello che fanno tutti: controlli puntuali, piccoli fix, test live URL, richieste di indicizzazione manuali. Nulla di realmente risolutivo.
A un certo punto è diventato chiaro che il problema non era solo tecnico. Era storico.
L'eredità invisibile dei sistemi precedenti
Il sito non era nato dal nulla. Prima c'erano altri strumenti, altre configurazioni, altri esperimenti. In particolare: noindex temporanei, sitemap vecchie, URL che Google continuava a ricordare anche se non esistevano più, comportamenti ibridi tra statico, dinamico e wrapper vari.
Il risultato era una situazione ambigua: un sito nuovo per me, ma non abbastanza nuovo per Google.
Ed è qui che ho deciso di fermarmi invece di continuare a tappare buchi.
Usare l'AI non per scrivere codice, ma per leggerlo
Prima scelta importante: ripartire dal codice.
Ho caricato l'intera repository nel mio editor con AI integrata (sto testando antigravity al momento), ma con un obiettivo molto preciso: non fargli "scrivere roba nuova", bensì analizzare quello che già c'era.
L'AI l'ho usata come farei con un co-maintainer molto paziente. Gli ho chiesto di spiegarmi cosa faceva davvero ogni file, di dirmi cosa era ereditato dalla repo originale, di segnalare configurazioni mai usate, di individuare parti ridondanti o inutili per il mio caso.
È stato uno specchio abbastanza brutale. Molto codice non era sbagliato, ma non era mio. Era codice da starter kit, lasciato lì perché "potrebbe servire".
Spoiler: quasi mai serve.
Ripulire non è ottimizzare, è scegliere
Ho iniziato una riscrittura lenta e intenzionale. Rimozione di riferimenti all'autore originale della repo, eliminazione di feature pensate per altri use case, semplificazione della struttura, meno astrazione e più chiarezza.
Non per fare "clean code" da manuale, ma per arrivare a una base che potessi davvero controllare. Meno codice. Meno magia. Più intenzionalità.
A un certo punto ho smesso di discutere con Google
La svolta vera, però, non è stata nel codice.
È stata una decisione semantica e strategica: cambiare subdomain.
explore.pietrodefinis.com si portava dietro una storia che non potevo più controllare. Configurazioni vecchie, segnali ambigui, comportamenti ereditati.Così è nato
notes.pietrodefinis.com.Non come rebrand cosmetico, ma come reset deliberato. Un segnale chiaro, anche per Google: questo è un nuovo spazio, con nuove regole.
Redirect fatti bene (non quelli finti)
Cambiare subdomain senza rompere tutto richiede una cosa fondamentale: redirect veri.
Non pagine HTML con JavaScript che "ti portano altrove". Non workaround lato client. Ma redirect server-side, 301 reali, gestiti a livello edge (Cloudflare), che preservano path e query, trasferiscono correttamente il contesto, non generano 404 intermedi, non confondono crawler e utenti.
È stata probabilmente la parte più noiosa di tutto il processo. Ed è anche quella che fa la differenza.
Stato attuale: non perfetto, ma finalmente coerente
Oggi il progetto è in una fase molto più onesta. Codice in fase di semplificazione attiva, dominio allineato al contenuto, Analytics essenziale e rispettoso, SEO ripartito da basi pulite, contenuti che non vogliono "scalare" ma esistere bene.
Non è una fine. È una base.
Cosa viene dopo
Adesso che il rumore si è abbassato, posso tornare a fare quello che mi interessa davvero: scrivere, collegare idee, costruire archivi vivi (non liste di post), usare il sito come laboratorio e non come vetrina.
Se stai costruendo qualcosa di tuo, prima o poi ci passi anche tu. Arriva sempre il momento in cui devi chiederti: questo sistema mi sta aiutando a pensare meglio, o mi sta solo trascinando per inerzia?
Questo update nasce da lì. Dal bisogno di fare pace, sì, con Google. Ma soprattutto con il progetto stesso.
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